Panico e ansia, come distinguerle e quando sono patologiche
Sono in ansia.
Sono nel panico.
Entrambe sono espressioni del linguaggio comune che usiamo spesso, ma con poca cognizione di causa: rendono particolarmente bene l’idea di una forte apprensione, ma certamente non dicono molto sullo stato emotivo che stiamo vivendo. Sono, infatti, più “etichette” che vere e proprie descrizioni del disagio.
Gli stati ansiosi sono un particolare stato di apprensione
L’ansia può essere una risposta emotiva del tutto naturale, come quando, ad esempio, penso che “domani ho un esame e so che non ho studiato abbastanza”: questa è una situazione in cui sentirsi in ansia è abbastanza comprensibile. Allo stesso modo, lo stato ansioso può accompagnare anche l’attesa di un evento positivo, come ad esempio l’arrivo di un amico che non si vede da anni.
Lo stato ansioso diventa patologico quando si presenta in modo cronico senza nessuna causa scatenante oppure quando scatta in un modo avvertito come sproporzionato in reazione ad ogni minimo stimolo. In uno stato cronico o in un attacco d’ansia, il discorso interiore diventa molto spesso illogico, insensato e negativo o pessimista, portando a conseguenze sia fisiche (sudorazione, aumento della pressione sanguigna, tachicardia, etc.) sia psichiche e comportamentali, alimentando fobie, manie, ossessioni.
Sebbene abbiano manifestazioni simili, attacchi di ansia ed attacchi di panico non sono la stessa cosa.
L’ansia, infatti, nelle definizioni ufficiali, è una caratteristica e un comune denominatore di molte patologie. Tuttavia, pur esistendo il cosiddetto disturbo d’ansia generalizzato, non è scientificamente corretto parlare di “attacco d’ansia”, mentre è presente nelle classificazioni l’”attacco di panico”, come cronicizzazione di un disturbo da panico.
Conosci il panico?
La parola “panico” implica nella sua etimologia qualcosa di straordinario: essa deriva dal nome del dio greco Pan – il dio della campagna e dei pascoli, ma anche degli istinti primordiali nella mitologia greca – e il timor panico (diventato oggi solo panico) è un tipo di paura totale, inspiegabile, istintiva e “viscerale”, capace di annullare totalmente il nostro raziocinio e di invaderci completamente a partire dal corpo.
Un attacco di panico (termine clinico) si distingue da un momento d’ansia o da quello che colloquialmente viene chiamato “attacco d’ansia” per la sua velocità e forza e per la particolare intensità dei sintomi fisici che lo accompagnano.
L’attacco di panico, infatti, si contraddistingue per essere una vera e propria esplosione di ansia inarrestabile, un vero e proprio “terremoto” psicofisico, che pur iniziando e finendo in poco tempo, si presenta con una tale intensità, che chi ne soffre arriva a temere di morire da un momento all’altro o di impazzire completamente o di sentirsi incredibilmente paralizzato dal terrore irrazionale che lo pervade.
Quando ricorrere allo psicoterapeuta
Quando l’ansia e gli attacchi di panico diventano eventi ricorrenti o un’importante fonte di stress che impedisce di vivere una vita serena, allora è il momento di chiedere aiuto ad un professionista.
Se lo stato ansioso è cronico, l’autostima, che spesso è già debole, viene minata profondamente, perché l’ansia e gli attacchi di panico possono manifestarsi in qualunque momento in modi del tutto imprevedibili e, quindi, causare occasioni di forte imbarazzo che la persona vorrebbe evitare a tutti i costi. Tuttavia, cercare di reprimere l’ansia o di nascondere un attacco di panico produce spesso effetti opposti a quelli voluti: più un disagio viene ostacolato nella sua espressione, più quello aumenterà la sua forza esplosiva, portando dunque la persona a chiudersi ancora di più nel suo disturbo, riducendo la sua vita sociale e di relazione e impoverendo notevolmente la qualità della sua esistenza. Un circolo vizioso che in genere è difficilissimo spezzare da soli.
In questi casi solo l’aiuto di uno psicologo permette di ristabilire il giusto rapporto con le proprie emozioni e di riavviare un dialogo interiore che non sia dominato da paure infondate, eccessive o immotivate che impediscono di vivere pienamente la propria vita.