Omosessualità e orientamenti sessuali: che c’è di nuovo?

Le differenze di orientamento sessuale sono da sempre motivo di riflessione, studio e discussione ovunque.
In tempi relativamente recenti, ad esempio, uno dei temi centrali del dibattito politico è stato quello dei diritti delle persone omosessuali e delle coppie da loro formate.
In tutto il mondo e sempre più estesamente tali diritti sono riconosciuti in forme diverse, anche se sono ancora molti i paesi nei quali l’omosessualità è considerata illegale e, in alcuni, punita addirittura con la pena di morte.
Il discorso pubblico sull’omosessualità – o, in generale, sui diversi possibili orientamenti sessuali – si è per lungo tempo concentrato su una domanda probabilmente mal posta: l’omosessualità è genetica o è un comportamento appreso? Omosessuali si nasce o si diventa?
Un “diverso” orientamento sessuale è una condizione o una scelta? Si tratta di un grande quesito che assume sempre un rilievo centrale per il fatto che dalle possibili risposte la politica trae ispirazione per leggi più o meno restrittive e per un’estensione più o meno ampia dei diritti a diverse categorie di persone.
Tuttavia, quando il discorso diventa pubblico e politico, inevitabilmente si banalizza e perde via via agganci e riferimenti con il dibattito scientifico, divenendo posizione ideologica che poco ha a che fare con la vita reale delle persone.
Il punto è: che cosa dice oggi il dibattito scientifico sugli orientamenti sessuali, a che punto è la ricerca e dove si collocano le diverse posizioni in campo?
In ambito scientifico quel che oggi sappiamo è, in gran parte, conosciuto da tempo: tra il 2 e l’11% delle persone sperimenta qualche forma di attrazione per persone del proprio sesso.
I risultati delle ricerche differiscono entro una forbice piuttosto ampia per due principali ragioni: come viene posta la domanda e quale definizione di omosessualità adottano i ricercatori. Altra conferma che viene dai più recenti studi scientifici è che i bambini che tendono a comportarsi in modo non conforme alla loro identità di genere hanno maggiori probabilità, da adulti, di sviluppare un orientamento non eterosessuale. Questo fatto è riscontrato universalmente, indipendentemente dalla cultura di appartenenza o dai ruoli di genere.
In linea di massima, l’atteggiamento politico verso l’omosessualità è strettamente correlato con l’opinione che le persone hanno sulle sue cause.
Chi pensa che l’omosessualità sia una scelta in genere tende a considerarla immorale, mentre chi ritiene che siano i fattori genetici ad avere un ruolo preminente nel determinare l’orientamento, sarà probabilmente più libertario sulle questioni sessuali.
Sappiamo da tempo, inoltre, che gli orientamenti sessuali, più che delinearsi come categorie nette (es.: gli eterosessuali, gli omosessuali, etc) sono più simili, in realtà, a dei punti lungo un asse, per cui troveremo, oltre alle persone esclusivamente eterosessuali o omosessuali, anche una grande varietà di persone “prevalentemente” etero o omosessuali o, comunque, caratterizzate da differenti gradi di attrazione verso persone del proprio o dell’altro sesso. Questa considerazione fa dunque pensare che, nei fatti, il numero di persone che non hanno un orientamento sessuale esclusivo sia in realtà molto superiore a quanto riportato negli studi finora apparsi.
Il pensiero comune tende ad identificare più o meno tre diverse tipologie di orientamento: etero, bisex e gay/lesbica.
Questo modo di vedere le cose tende a semplificare e a facilitare la comunicazione, ma di fatto esclude un grande numero di persone che hanno diversi gradi di attrazione sentimentale e/o sessuale per persone del proprio e dell’altro sesso, con variazioni anche importanti a seconda dei contesti e del momento nel ciclo di vita. Dare spazio anche a questa realtà umana permetterebbe di abbandonare le prospettive rigidamente categoriali e, dunque, ogni contrapposizione “noi-loro” che è più adatta ad un conflitto che alla promozione di una comunanza universale sessuale e sentimentale.
La ricerca scientifica, peraltro, non ha ancora sostenuto nulla di definitivo riguardo l’esistenza di differenti orientamenti sessuali. Di sicuro le differenze tra orientamenti sono riconducibili a diversi fattori, in parte biologici, in parte personali e in parte socioculturali. Il contributo di ciascun fattore nel produrre uno specifico orientamento varia enormemente da individuo ad individuo e nel corso della vita di ciascuno.
Un esempio del contributo specifico di alcuni fattori può essere tratto proprio dalla ricerca scientifica e riguarda l’effetto dell’ordine di nascita sull’orientamento sessuale. È stato infatti rilevato che è più probabile che sia gay un uomo con fratelli maggiori maschi rispetto ad un primogenito o ad un uomo con sorelle maggiori. Ciò suggerisce che l’esposizione ormonale prenatale possa svolgere un ruolo nel determinare l’orientamento sessuale del nascituro. Oltre a ciò, ci sono evidenze che alcuni specifici profili genetici contribuiscano a definire un preciso orientamento sessuale, pur in combinazione con altri fattori.
Cosa è dunque possibile dire di nuovo sugli orientamenti sessuali e sull’identità di genere?
Come nel recente passato, sappiamo ancora troppo poco per poter scrivere una parola definitiva su tali questioni, ma di certo, più la ricerca avanza, più diventa chiaro che la quantità di fattori in gioco è sempre più elevata e le loro possibili combinazioni sempre più complesse.
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