L’omosessualità maschile nell’antica Grecia

Vivere l’omosessualità nel mondo antico era diverso rispetto a come la si vive nella società contemporanea. Non mancano dei punti di contatto, ma non lì dove ce li aspetteremmo. Per un uomo fare una scelta omosessuale non implicava un rapporto esclusivo con un genere: si trattava piuttosto di fare un’esperienza alternativa, o parallela, all’amore per una donna. Sul versante femminile non c’era la stessa elasticità: alle donne non era consentito di poter scegliere tra esperienze eterosessuali o omosessuali. Insomma, la disparità di genere in qualche modo è stata tramandata. Osserviamo più da vicino quali fossero le dinamiche psicologiche e sociali che orientavano le scelte maschili nell’antica Grecia.
Genere, status, età, ruoli: cosa c’entrano le cerimonie iniziatiche con l’omosessualità
Gli uomini cominciarono ad amarsi tra di loro ben prima della costituzione della polis (in epoca classica era l’organizzazione politica greca che prevedeva le città-stato). Le origini dell’omosessualità maschile affondano in una Grecia ancora tribale, in cui la comunità non aveva un’organizzazione politica, bensì anagrafica. La società, infatti, era organizzata in classi di età e l’accesso a quella successiva avveniva tramite riti di passaggio:
• Simbolismo di morte.
• Segregazione. L’iniziando viveva lontano dalla comunità, per un periodo prestabilito, in compagnia di un adulto che svolgeva il duplice ruolo di educatore e di amante.
• Rinascita. L’iniziando abbandonava il suo status di adolescente, riceveva l’equipaggiamento militare e accedeva alla classe degli adulti.
Quindi, la relazione omosessuale veniva usata come strumento pedagogico-amoroso che accompagnava il ragazzo verso l’età adulta.
Proviamo a inquadrare meglio la situazione citando due esempi:
• Da una testimonianza del geografo Strabone di Amasea (60 a.C.-20 d.C. circa) sappiamo che a Creta gli adulti amanti (detti erastai) adescavano le loro prede ancora adolescenti (detti erōmenoi), li portavano fuori città per un paio di mesi e intrattenevano con loro un rapporto disciplinato dalla legge. Al termine di questo periodo l’amato accedeva alla comunità degli adulti.
• Plutarco (47 d.C.-120 d.C. circa) racconta che gli adulti più vigorosi ricevevano in affidamento i ragazzi di 12 anni, affinché insegnassero loro a essere dei veri spartiati, cioè dei guerrieri senza paura, degni di Sparta.
Queste e altre testimonianze confermerebbero che nell’antica Grecia l’omosessualità aveva un valore iniziatico. Il giovane si sottometteva all’adulto, ne acquisiva le virilità e da quel momento avrebbe rivestito un doppio status: uomo virile e marito con le donne, formatore e amante con i ragazzi.
L’amore tra Achille e Patroclo: l’omosessualità nel poema di Omero
A riprova di quanto detto finora addentriamoci tra i versi dell’Iliade. Il poema epico attribuito a Omero racconta gli ultimi mesi dell’assedio alla città di Troia. L’opera è divisa in 24 libri, ma le vicende che ci interessano si svolgono dal libro XI al XXIII. Ettore, eroe troiano, col favore di Ares e Apollo difende con successo Troia sotto l’assedio dei greci. Achille è lontano dal campo di battaglia; Patroclo, suo fedele compagno d’armi, ne indossa l’armatura, fa strage di troiani, finché non viene ucciso da Ettore. Achille torna sotto le mura di troia e si strazia per la morte del compagno.
Da quel momento gli unici desideri di Achille saranno vendicare Patroclo e giacere con la sua salma, per continuare nell’aldilà il legame che avevano avuto nella vita terrena. Achille aveva già dovuto accettare la separazione da Briseide, la sua schiava concubina, eppure in quel caso riuscì a farsene una ragione. Tuttavia per Patroclo il dolore è insuperabile.
Il fatto che l’amico fosse una presenza insostituibile per Achille lo deduciamo dalle parole con cui Tetide, sua madre, lo ammonisce. Tetide esorta il figlio a lasciarsi la morte del giovane alle spalle, ad accettare la fine di quella sua fase omosessuale e di adempiere al suo ruolo sociale accanto a una donna. Infatti, per i greci era comune pensare che l’omosessualità fosse una fase naturale prima dell’adempimento a una vita adulta, virile, eterosessuale.
Non mancano le testimonianze dell’amore omosessuale tra Achille e Patroclo.
Sia i Mirmidoni di Eschilo, sia l’orazione contro Timarco di Eschine tratteggiano i due eroi come una coppia di amanti, piuttosto che di amici. Il frammento dei Mirmidoni di Eschilo, tramandato dall’Amatorius di Plutarco, lascia trasparire quanto la disperazione di Achille sia espressa con parole che vanno al di là dell’amicizia:
“Tu non hai rispettato la purezza augusta
delle tue cosce (mērōn), malgrado i nostri baci”.
Insomma, l’amore tra gli uomini veniva messo in versi, e non solo da Omero, ma anche da Solone, Alceo, Anacreonte e altri ancora. Se pensiamo alla relazione tra Achille e Patroclo potremmo anche chiederci chi dei due fosse l’erastēs (cioè l’uomo adulto con un ruolo attivo e dominante) e chi l’eromenōs (cioè la figura passiva, l’adolescente che sarebbe stato iniziato all’età adulta).
Se guardiamo alla tradizione iconografica, la risposta ce la fornisce un vaso rinvenuto a Vulci, una cittadina etrusca in provincia di Viterbo, ma che oggi appartiene all’Antikensammlung Altes Museum Berlin, cioè alla ‘Collezione delle antichità classiche del Museo Vecchio di Berlino’. Il vaso risale al V secolo a.C. ed è una Kylix di Sosias, cioè una coppa da vino in ceramica attribuita al ceramografo Sosias. Questo manufatto è considerato un capolavoro della ceramografia classica e ritrae al suo interno due figure rosse: Achille che soccorre Patroclo ferito al braccio. Poiché Patroclo è ritratto con la barba, è lui a rivestire il ruolo della figura adulta.
Le ricerche della filologia classica e della critica sono andate avanti nel corso degli anni. Come sostiene Eva Cantarella nel suo libro Secondo Natura. La bisessualità nel mondo antico: “[…] nell’età classica era naturale e inevitabile pensare che un’amicizia così intensa fra due uomini comportasse anche un legame sessuale”.