Il “volto minaccioso” dell’ansia

Il riconoscimento delle espressioni facciali è molto importante nelle interazioni sociali. Attraverso la mimica del volto, infatti, ci accorgiamo delle emozioni di chi abbiamo di fronte. Osservando il viso dell’altro immaginiamo i suoi pensieri, i suoi sentimenti e le sue intenzioni. Questa attività, condotta quasi automaticamente, ci aiuta a decidere cosa fare nei confronti dell’altra persona. Sulla base di quello che percepiamo nel volto del nostro interlocutore decidiamo, in estrema sintesi, se avvicinarci o allontanarci. Ciò che leggiamo nelle sue espressioni, ci porta all’accoglienza o all’ostilità, all’abbraccio o al rifiuto, con tutte le possibili vie di mezzo.
Molti studi hanno osservato che in alcune patologie psichiatriche il riconoscimento delle espressioni facciali non funziona efficacemente. Ad esempio, bambini con un disturbo antisociale falliscono nell’individuare la felicità o la tristezza nei volti degli altri. Questi bambini, infatti, confondono la paura con la tristezza o addirittura con la rabbia. Tuttavia, anche alti livelli di ansia sono associati all’incapacità di interpretare correttamente alcune espressioni facciali.
Le persone ansiose compiono frequenti errori di comprensione delle espressioni emotive altrui. Ad esempio, chi soffre di ansia sociale percepisce più facilmente rabbia o disprezzo nel volto degli altri. Le persone ansiose, infatti, vedono il volto dell’altro come minaccioso molto più spesso dei non ansiosi. Uno studio apparso nel 2017 su Royal Society Open Science ha chiarito che se un volto esprime un’emozione indefinita tra la rabbia e la gioia gli ansiosi percepiranno quasi sempre rabbia e praticamente mai gioia. Lo stesso studio, inoltre, ha rilevato che la difficoltà degli ansiosi nel “leggere” le espressioni non si limita alla rabbia, ma riguarda molte altre emozioni.
Come mai l’ansia complica la capacità di cogliere le reali emozioni altrui? Per capirlo dobbiamo richiamare il concetto di “eccitazione bloccata”. Quando sperimentiamo ansia, infatti, limitiamo il nostro funzionamento normale, in primo luogo respirando poco e male. Alterando la respirazione modifichiamo inevitabilmente le reazioni fisiologiche del nostro corpo. Le emozioni, va ricordato, sono prima di tutto manifestazioni fisiologiche. Pertanto, quando siamo in ansia, alteriamo la respirazione e, di conseguenza, ostacoliamo la capacità di sentire le nostre emozioni. L’emozione maggiormente coinvolta nell’ansia è, in genere, la paura. Ed è proprio la paura (o la vergogna, o il dolore) ciò che soprattutto evitiamo di sentire (ci torniamo tra poco).
Ricapitolando, l’ansia è un sintomo che disturba il nostro funzionamento e sbarra la strada alla consapevolezza di ciò che proviamo. Quando siamo ansiosi ci sentiamo costretti in un mondo di pensieri negativi di fallimento, di critica o di insuccesso. In questa situazione, non riusciamo ad osservare il mondo per ciò che è realmente e fatichiamo ad ascoltarci pienamente.
Anche se sembra incredibile, l’ansia è in realtà un tentativo creativo di adattarci all’ambiente. Essa, infatti, ci offre comunque un (amaro) vantaggio immediato: l’illusione che tutto sia “abbastanza” sotto controllo. “Sapere” in partenza che qualcosa andrà male ci provoca sofferenza, ma è più “rassicurante” che ammettere di non sapere cosa accadrà. L’ignoto ci fa più paura del noto, anche quando il noto è negativo. Per questo motivo negli stati ansiosi “cerchiamo” nel volto altrui la conferma dei nostri timori e dei pensieri negativi su noi stessi. E, come dice il proverbio, chi cerca (con insistenza) finisce per trovare. Se, invece, ci permettessimo di sentire pienamente – ad esempio: la paura – esploreremmo l’ambiente con attenzione, rilevando esattamente quello che c’è, ma non cercheremmo conferme alle nostre fosche previsioni. Staremmo attenti ai segnali di pericolo, ma senza tentare di scovarli in ogni modo e, soprattutto, solo quelli!
Dunque, la cura dell’ansia richiede di migliorare la consapevolezza del nostro corpo e delle nostre emozioni. Soprattutto, uscire dall’ansia presuppone la capacità di tollerare le turbolenze tipiche delle emozioni. Le possibilità di sperimentare la paura, la vergogna o anche il dolore aumentano man mano che matura la nostra abilità di stare con ciò che proviamo fisicamente e con ciò che viviamo emotivamente. Trascinarci negli stati ansiosi è rassicurante poiché “costruisce” una realtà prevedibile, per quanto ostile. Tuttavia, l’ansia è sempre una condizione faticosa di sofferenza cronica che deteriora la qualità della vita e può condurre a disturbi più gravi. Apprendere a conoscere e gestire l’ansia è un processo impegnativo, ma decisamente meno faticoso e, soprattutto, meno doloroso.