Da quali proteine dipende il bisogno di dormire?

“Oh no, altri 5 minuti!”. Avanti, chi di noi non lo pensa al suono della sveglia? Eppure quando arriva il momento di alzarsi ci sono persone già scattanti, e chi invece ha bisogno di tempi più dilatati. Nulla di strano: il sonno non è uguale per tutti. Poche ore di sonno sono sufficienti per alcuni, ma non per altri. Vediamo insieme quali bisogni ci spingono a dormire, e cosa comporta la deprivazione del sonno.
Gli stadi del sonno e le fasi REM e NREM.
Il sonno è uno stato dell’organismo. Se in fase di veglia siamo attivi, durante il sonno non siamo reattivi agli stimoli ambientali. L’analisi delle onde cerebrali ha individuato 4 stadi del sonno:
• Stadio 1. Dura 10-20 minuti. I tracciati dell’elettroencefalogramma mostrano onde con ampiezza ridotta, dette theta.
• Stadio 2. Le onde cerebrali hanno delle variazioni rapide e irregolari (sono i fusi del sonno) e un’ampia onda positiva e negativa (detta complesso K).
• Stadio 3. Le onde cerebrali diventano lente e ampie.
• Stadio 4. È quello del sonno profondo da cui è difficile svegliarsi.
Una persona impiega circa 90 minuti per giungere allo stadio 4. Quando ha completato il suo primo ciclo del sonno, ritorna allo stadio 1. È proprio in questa transizione che parliamo di sonno REM (Rapid eye movements): le onde cerebrali aumentano; compiamo dei rapidi movimenti con i bulbi oculari (senza accorgercene perché stiamo dormendo). Il sonno REM prevale nella fasi terminali del sonno, invece le fasi iniziali sono contraddistinte dal sonno NREM (cioè non REM): non ci sono movimenti oculari, l’attività cerebrale è ridotta, la respirazione lenta, il corpo rilassato. Nel corso di una notte i cicli del sonno oscillano tra 4 e 6.
Brevi o lunghi dormitori: non siamo tutti di buon umore al mattino
Qualcuno di noi si sarà chiesto se dormiamo tutti allo stesso modo. La risposta è no. Un gatto dorme in media 14 ore al giorno, un giaguaro 10, una persona 8, un cavallo 2. La diversa quantità di sonno tra le specie animali dipende dalla loro vulnerabilità. Secondo le teorie circadiane, il sonno serve a mantenere gli animali inattivi quando non sono impegnati nelle attività di sopravvivenza.
Se guardiamo ai comportamenti dell’essere umano, notiamo come la durata media del sonno sia di 7,5 ore per notte. Tuttavia avremo persone che ne dormiranno meno di 7 (sono le così dette allodole), e altre che ne dormiranno più di 8 (denominate gufi). I brevi dormitori, detti allodole, sono le persone mattutine: vanno a letto presto, si svegliano presto, e già nella prima parte della giornata sono attivi, socievoli ed efficienti. Invece, i lunghi dormitori, detti gufi, sono le persone serotine: vanno a letto tardi, si svegliano con più difficoltà, hanno bisogno di più tempo per essere efficienti, e diventano più socievoli col passare delle ore. Sebbene i brevi e lunghi dormitori abbiano gli stessi cicli di sonno, i lunghi dormitori hanno una durata maggiore del sonno REM e dello stadio 2.
Del sonno perduto riusciamo a recuperare lo stadio 4 e parte del sonno REM
Difficile a credersi, siamo in grado di rimanere svegli per più di 200 ore. La deprivazione del sonno non altera le funzioni cognitive complesse, semmai compromette l’esecuzione di compiti noiosi e ripetitivi. Nelle notti successive recuperiamo completamente lo stadio 4 e, in un secondo momento, metà del sonno REM. Purtroppo non recupereremo mai del tutto il sonno perduto.
I ricercatori hanno indagato non solo la privazione totale, ma anche quella parziale (cioè di alcune ore del sonno) e quella selettiva di sonno REM. Fino ad oggi sappiamo che una deprivazione del sonno porta a un aumento del suo bisogno, ma non sappiamo con precisione come il corpo ce lo comunichi a livello fisiologico.
La scoperta di Zhiqiang Wang sulle proteine che regolano il sonno
Il professore Zhiqiang Wang e la sua equipe di ricercatori hanno condotto un’analisi fosfoproteomica quantitativa dei substrati molecolari dei bisogni del sonno (Quantitative phosphoproteomic analysis of the molecular substrates of sleep need). I risultati hanno mostrato come l’aumento del bisogno del sonno sia connesso con un’iperfosforilazione di un gruppo di 80 proteine presenti nel cervello, molte delle quali sono sinaptiche. (La fosforilazione è una reazione chimica necessaria per la produzione di fosfati ad alto contenuto energetico. Il nostro organismo può usare certe sostanze solo in forma fosforilata. L’iperfosforilazione rappresenta una produzione in eccesso di queste sostanze).
Gli esperimenti sono stai condotti su diversi campioni di topi da laboratorio. Ogni campione aveva una diversa deprivazione del sonno, ma solo uno di essi era portatore di una mutazione nel gene che codifica la proteina SIK3 (salt-inducible kinase 3). I topi portatori di questa proteina (indicati con SIK3SLP/+) passavano più tempo degli altri in stato di veglia, mostrando un elevato bisogno di sonno.
I dati raccolti evidenziavano come un aumento del bisogno del sonno può essere accompagnato da cambiamenti nella fosforilazione nel cervello. L’aumento delle proteine è stato riscontrato nei topi deprivati dal sonno e in quelli SIK3SLP/+. I ricercatori ne hanno ricavato un indice SNIPPs (Sleep-need-index phosphoproteins, ‘indice delle fosfoproteine del bisogno del sonno’) con queste caratteristiche: 69 proteine su 80 sono sinaptiche e molte di loro aumentano la fosforilazione all’aumentare della deprivazione del sonno. La conclusione degli scienziati è che la fosforilazione delle proteine SNIPPs potrebbe rappresentare un substrato molecolare o un promotore del bisogno del sonno.
Dormiamo perché ci piace dormire
Dormire rappresenta di per sé una condizione appagante. Quello che vale per il bere, il mangiare o l’avere rapporti sessuali, vale anche per sonno. Lì dove sia disponibile, tendiamo a volerne più di quanto sia necessario.