Bulimia e bulimia nervosa

La bulimia o bulimia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da un consumo di grandi quantità di cibo in un periodo di tempo molto limitato, seguito da una o più condotte di compensazione, rivolte a ridurre o neutralizzare gli effetti delle abbuffate.

L’abuso di lassativi o di diuretici, l’esercizio fisico eccessivo o il vomito autoindotto sono alcune delle modalità più comunemente utilizzate da una persona bulimica per liberare il corpo dagli eccessi calorici e di cibo.

A differenza delle anoressiche, le bulimiche o i bulimici tendono ad essere normopeso o al massimo in leggero sovrappeso. Questa salute “apparente” della forma fisica è possibile proprio grazie ai comportamenti compensatori, che non

di rado comprendono anche l’abuso di farmaci come gli ormoni utilizzati nei casi di ipotiroidismo o l’insulina, quest’ultima specialmente nei casi di diabulimia, ovvero di bulimia in presenza di una condizione diabetica.

Nella stragrande maggioranza dei casi le persone che soffrono di bulimia sono anche significativamente depresse. Inoltre, non sono rari i casi dei disturbi d’ansia, specialmente gli attacchi di panico e forme di dipendenza e di polidipendenza, prevalentemente da droghe e/o da alcol.

Per quanto in linea di massima meno gravi che nei casi di anoressia, le complicanze mediche della bulimia nervosa sono piuttosto comuni e, a lungo andare, possono comportare importanti compromissioni della salute.

Le conseguenze più comuni sono:

1)             alterazione nell’equilibrio dei fluidi corporei e degli elettroliti

2)             ricadute a volte anche gravi sulla funzionalità cardiaca

3)             reflusso gastro-esofageo e lesioni esofagee

4)             deterioramento dei denti

5)             compromissione fertilità

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    Una storia più o meno lunga di disturbi alimentari e, in particolare, di anoressia o bulimia può produrre conseguenze importanti anche sulla fertilità, sia nei maschi che nelle femmine.

    In entrambi i casi, infatti, ad essere danneggiati sono tutti i complessi e delicatissimi meccanismi che presiedono al rilascio delle gonadotropine, ormoni di primaria importanza per la salute e il funzionamento delle gonadi, ovvero testicoli e ovaie.

    Le diete rigide e sregolate, le alterazioni disordinate del peso corporeo e le carenze nutrizionali inducono dei cambiamenti nell’asse ipotalamo – ipofisi che, tra l’altro, non sempre è facile ripristinare anche quando i disturbi del comportamento alimentare siano stati curati, pregiudicando talvolta la fertilità della persona.

    Le conseguenze sulla fertilità determinate dalla disregolazione alimentare sono spesso sottovalutate, sia perché poco conosciute, sia perché prevale la convinzione ingiustificata che, una volta risolto il problema con il cibo, il corpo torni magicamente alla normalità. Purtroppo non è sempre e in tutti i casi così.

    Molti studi hanno approfondito le specificità di temperamento o caratteriali delle persone con disturbi del comportamento alimentare, individuando così alcuni aspetti della personalità sui quali è possibile intervenire.

    La riduzione o l’eliminazione dei sintomi passa necessariamente attraverso la modificazione di un nucleo di convinzioni che, insieme ad una difficoltà di stare in contatto con emozioni intense, produce il o i sintomi.

    Il temperamento di chi soffre di bulimia nervosa sembra essere determinato da quella che alcuni personologi hanno definito di “evitamento del danno”.

    Questa disposizione temperamentale è caratterizzata da una grande timidezza, da un pessimismo elevato e da una predominanza della paura a livello emotivo. In pratica, le persone con questo temperamento attribuiscono alle proprie azioni effetti decisamente sproporzionati.
    Ad esempio, fare qualcosa che io credo non sia in linea con le aspettative di qualcuno che mi ama, potrebbe avere come conseguenza quella di perdere l’amore o la considerazione di quella persona.

    Questa convinzione di fondo comporta che la persona tenda a muoversi con molta circospezione, “studiando” molto bene le (supposte) aspettative dell’altro e reagendo con molto dolore alla critica o al rimprovero. Le aspettative sociali o il giudizio degli altri sono un tema centrale nella sofferenza delle persone con disturbi del comportamento alimentare e, spesso, il continuo pensiero del cibo è un modo per “distrarsi” e non affrontare, una volta per tutte, il boicottaggio continuo che queste persone compiono sulla loro esistenza.

    Dal momento che questa disposizione si sviluppa tipicamente nella prima infanzia, il risultato più comune è che molto spesso le persone con sintomi di tipo alimentare e, in particolar modo, le persone bulimiche o binge non sanno davvero “chi sono” realmente e, quindi, nemmeno cosa gli piace o gli interessa autenticamente. Non è raro, quindi, che il sintomo bulimico stesso diventi il nucleo più profondo della loro identità, al punto da identificarcisi totalmente.

    Quando l’amore ricevuto durante l’infanzia non è stato adeguato alle esigenze o ai desideri del bambino, quest’ultimo, per ragioni di pura sopravvivenza, attribuisce a se stesso tutta l’inadeguatezza e le carenze che sperimenta nel tipo di accudimento e nell’amore che riceve.

    “Se sento insoddisfazione e frustrazione nelle cure che ricevo, la responsabilità non può che essere mia e non certo dei miei genitori, da cui dipendo in tutto e per tutto” direbbe il bambino, se potesse parlare e concettualizzare la sua esperienza. È così che si struttura una disposizione del temperamento volta a far contenti gli altri, a sviluppare antenne acutissime per percepire le minime espressioni e indovinare bisogni e desideri altrui, togliendo spazio ad una libera e creativa esplorazione del mondo allo scopo di individuare e affermare i propri bisogni e i propri desideri. Nell’infanzia il comportamento sembra funzionare e, dunque, ogni mancanza o “errore” è percepito come catastrofico, dal momento che riapre la possibilità del rifiuto e della perdita dell’amore tanto faticosamente guadagnato.

    Il fatto che questo tipo di comportamenti si strutturino come risposta di adattamento e di sopravvivenza in tenera età e in un ambiente percepito come insidioso, li rende particolarmente rigidi e resistenti al cambiamento.

    Non è un caso che – non sempre, ma sicuramente nella maggioranza dei casi – i sintomi alimentari tendano ad esplodere quando la persona comincia il percorso adolescenziale che, in teoria, dovrebbe condurre all’autonomia e allo svincolo dai genitori.

    È in quel momento che il senso di inadeguatezza si fa ancora più forte e, con esso, il bisogno di aderire alle aspettative e alle richieste dell’ambiente, sopprimendo sempre di più il proprio piacere e la propria effettiva realizzazione. Il sintomo alimentare rimane praticamente l’unico squarcio di libertà e di piacere effimero che ci si possa concedere, in una vita che, quasi in automatico, incarna il timore di distaccarsi, anche minimamente, dalle rigide imposizioni che ci si autoinfligge.

    Nella mia esperienza clinica il percorso terapeutico per uscire dalle problematiche con il cibo ha buone probabilità di successo, in particolare quando la/il paziente aderiscono scrupolosamente al trattamento. I disturbi del comportamento alimentari sono disturbi generalmente gravi, con conseguenze potenzialmente molto dannose. Un intervento psicoterapeutico mirato ed efficace aiuta a limitare il sintomo nell’immediato e ad affrontare un percorso di cura volto al recupero del benessere e alla trasformazione della qualità della propria vita.

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