Quando l’ansia si presenta frequentemente, con un’alta intensità e in situazioni all’apparenza inappropriate – nelle quali la persona stessa spesso non riesce a comprendere o a ricostruire le ragioni del proprio stato ansioso – si parla di un vero e proprio disturbo (Thurston, Rewak, & Kubzansky, 2013). Molti studi scientifici hanno rilevato che circa un terzo delle persone adulte soffrono di almeno un disturbo ansioso nel corso della loro vita e, di questi, circa il 5% sono soggetti ad attacchi di panico e il 12% a fobie di diverso genere (Kessler et al., 2005).
Da un punto di vista fisiologico, la descrizione dell’ansia è semplice: la persona cerca di immettere ossigeno nei polmoni che però risultano immobilizzati o fortemente ostacolati dalla contrazione dei muscoli nella cavità toracica (Perls, Hefferline, & Goodman, 1951). Il vissuto di angoscia è il risultato di una costrizione involontaria (la “ristrettezza” di cui sopra) della cavità toracica. Come è possibile che ciò accada?
Un concetto importante per comprendere l’esperienza ansiosa è quello di “eccitazione bloccata” (Perls et al., 1951).
Quando una persona sperimenta un interesse o un contatto forti o intensi, il metabolismo accelera e questo richiede un maggiore consumo di ossigeno. In condizioni normali, la persona risponde a questo processo aumentando il ritmo e l’ampiezza della respirazione. Quando, invece, si tenta di rimanere imperturbabili, di non tradire coinvolgimento o, più spesso, paura e perdita di controllo – quando cioè l’eccitazione determinata da una situazione viene bloccata e si tenta di mantenere lo stesso ritmo respiratorio che si aveva precedentemente – si innesca un conflitto tra l’eccitazione, che non può esprimersi, e l’autocontrollo, che tenta di bloccarla.
Da un punto di vista psicologico, l’ansia può essere descritta come una sorta di divario tra l’”adesso” e il “dopo”.
In altre parole, è lo stato di forte paura che molte persone sperimentano quando, abbandonando le solide basi del “qui ed ora”, cioè dell’esperienza presente, cominciano a preoccuparsi del futuro o, meglio, di ciò che accadrà “dopo”. Le persone che vivono pienamente il presente in genere non sperimentano ansia, dal momento che permettono all’eccitazione di fluire liberamente riversandosi in un’attività spontanea: i sensi sono pronti, gli occhi e le orecchie aperti, e ciò permette creatività e inventiva (Nelson-Jones, 2000). Al contrario, la perdita di contatto con il “qui e ora” produce un blocco dell’eccitazione che non trova il suo sbocco naturale nel comportamento. Questa perdita di contatto con la situazione attuale è il meccanismo che, molto frequentemente, innesca la “trappola” dell’ansia.
Il disturbo clinicamente rilevante, tuttavia, non esaurisce l’insieme delle esperienze nelle quali si può provare angoscia o ansia.
Esiste anche un’ansia che può essere definita “esistenziale”. Scrive in proposito Irvin Yalom, uno dei più grandi psicoterapeuti viventi: “L’ansia che ci tormenta scaturisce non solo dal nostro substrato genetico biologico […], non solo dalla nostra lotta contro spinte istintuali rimosse […], non solo dai nostri adulti significativi interiorizzati che potrebbero essere indifferenti, senza amore, nevrotici […], non solo da forme disordinate di pensiero […], non solo da frammenti di ricordi traumatici dimenticati […], né da crisi di vita attuali che coinvolgono la carriera e il rapporto con altri significativi, ma anche – ma anche – da un confronto con la nostra esistenza (Yalom, 2008).
Yalom individua quattro componenti fondamentali dell’esistenza – la morte, la solitudine, la mancanza di significato, la libertà – che quando affiorano alla mente o sono affrontate provocano spesso una grande ansia e in alcune persone più che in altre.
In tutti i casi, sia che si tratti di un vero e proprio disturbo psicopatologico sia che rappresenti un malessere esistenziale, la sintomatologia ansiosa trae un grande giovamento dal processo psicoterapeutico e, in particolare, dalla relazione terapeutica, come ormai ampiamente attestato dalla letteratura scientifica internazionale, sia psicologica che medica (Larsson, 2006; Wampold & Imel, 2015).
Riferimenti bibliografici:
Kessler, R. C., Berglund, P., Demler, O., Jin, R., Merikangas, K. R., & Walters, E. E. (2005). Lifetime prevalence and age-of-onset distributions of DSM-IV disorders in the national comorbidity survey replication. Archives of General Psychiatry, 62(6), 593-602. doi:10.1001/archpsyc.62.6.593
Larsson, B. (2006). Similarities and differences between the schools of psychotherapy: [Department of Psychology], Göteborg University.
Nelson-Jones, R. (2000). Six Key Approaches to Counselling and Therapy: SAGE Publications.
Perls, F. S., Hefferline, R., & Goodman, P. (1951). Gestalt Therapy: Excitement and Growth in the Human Personality New York: Julian Press.
Thurston, R. C., Rewak, M., & Kubzansky, L. D. (2013). An Anxious Heart: Anxiety and the Onset of Cardiovascular Diseases. Progress in Cardiovascular Diseases, 55(6), 524-537. doi:http://dx.doi.org/10.1016/j.pcad.2013.03.007
Wampold, B. E., & Imel, Z. E. (2015). The Great Psychotherapy Debate: The Evidence for What Makes Psychotherapy Work: Taylor & Francis.
Yalom, I. (2008). Staring at the sun. Britain: Piatkus Books