Come lo stress può influenzare le relazioni sociali
Quando fronteggiamo qualcosa di impegnativo andiamo sotto pressione. Questa tensione che sentiamo dentro di noi è positiva finché rimane al di sotto di una certa soglia, si chiama eustress e ci farà rendere al meglio delle nostre possibilità. Al contrario, quando la pressione è insostenibile pregiudica la nostra produttività, si chiama distress e non tutte le persone la fronteggiano allo stesso modo. C’è chi per natura si circonda di persone, di relazioni, chiede aiuto e condivide. Altri, invece, rimangono annichiliti, paralizzati, si chiudono in sé stessi e dentro casa.
Un’app per misurare la salute mentale nei giovani adulti
Nel 2018 la rivista statunitense Emotion, specializzata nella divulgazione di studi empirici e accademici nel campo delle emozioni, pubblicava una ricerca sulle strategie di difesa dallo stress. L’articolo scientifico dichiarava l’oggetto di indagine già dal titolo: “Lo stress percepito quotidianamente prevede meno interazione sociale nel giorno successivo”. Le firme accademiche erano di daSilva, Huckins, Wang W., Wang R., Campbell, Meyer.
“Le persone che sperimentano più stress in un giorno, socializzano meno il giorno successivo”
Meghan Meyer, direttrice del Dartmouth Social Neuroscience Lab
Le osservazioni condotte sul comportamento degli animali portarono ad affermare che esistesse un “evitamento sociale indotto dallo stress”, cioè che la pressione negativa interferisse sul desiderio di interazione sociale. La stessa tendenza venne riscontrata nelle persone, malgrado fosse più difficile misurarne la socializzazione in modo naturale. Per ovviare a questa difficoltà, il gruppo di studiose e studiosi accademici implementarono un’app capace di campionare le interazioni delle persone e misurare lo scarto temporale tra un periodo di stress e la riduzione dei contatti sociali. Il campione preso in esame fu osservato per due mesi. Se le persone vivevano una giornata di distress, questo si rifletteva in una minore esposizione ai contatti dal vivo nel giorno successivo. Quindi, il comportamento riscontrato sugli animali era coerente con quanto ravvisato nelle persone: lo stress induceva un’elusione sociale.
Come funzionava l’app StudentLife
Il gruppo di ricerca rilevò i dati dai telefoni del gruppo sperimentale, per misurare l’incidenza dello stress sulle interazioni nel mondo reale. L’app StudenLife raccolse i dati di 99 persone iscritte all’università di Darmouth, rilevandone il sonno, il movimento, il tempo trascorso in casa, il numero e la durata delle telefonate. Per motivi di etica e di riservatezza i dati rimasero anonimi e le conversazioni non furono registrate. Ogni giorno l’app somministrava un questionario al campione, interrogando le persone sul proprio stato d’animo e sul benessere generale, per avere una misura del loro stress psicologico. Questa variabile permise di istituire una relazione tra lo stress e il numero delle interazioni sociali che sarebbero avvenute nei giorni successivi. Insomma, StudenLife permetteva di tracciare una relazione temporale tra lo stress percepito e la socializzazione.
L’evitamento sociale nella scuola secondaria o all’università
La ricerca statunitense dimostra che le persone ricorrono all’evitamento sociale come strategia di coping, cioè davanti a una difficoltà scelgono di isolarsi, perché questa soluzione è la più facile per mettersi al sicuro. Riprendiamo la definizione dell’enciclopedia Treccani sull’evitamento: “meccanismo di difesa simile al diniego, per cui un individuo si rifiuta di fronteggiare situazioni, oggetti o persone che generano angoscia; […] l’evitamento descrive quelle reazioni comportamentali o cognitive di allontanamento, fuga o rifiuto emesse in previsione di stimoli dolorosi”.
Un comportamento simile è facile osservarlo quando lavoriamo o ci relazioniamo con gli adolescenti o i giovani adulti. La scuola secondaria è un periodo di evoluzione: il corpo continua a cambiare, l’impegno richiesto dallo studio aumenta, cominciano ad affacciarsi le domande sul futuro. Dopo la maturità, a prescindere da chi intraprenderà una carriera accademica piuttosto che lavorativa, la pressione sociale sul da farsi sarà costante e non farà distinzioni per nessuno. In questa fase, una rete sociale consolidata è un grande sostegno alla salute mentale.
Una persona che non riuscisse a rispondere in modo adeguato allo stress rischierebbe di isolarsi, andare in depressione e soffrire d’ansia. Benché mostrarsi con le proprie debolezze possa rappresentare un’ulteriore fatica da sostenere, saranno proprio le relazioni sociali ad attutire l’impatto con lo stress che stiamo vivendo. Nessuno conosce quale effetto avrà la pressione sociale sulla nostra vita, ma dobbiamo imparare a conoscerci e a saperla gestire, perché rappresenta un fattore di rischio per l’insorgere di disturbi della salute mentale.
Le relazioni sociali ci aiutano a fronteggiare il distress
Ricorrere all’evitamento come strategia comportamentale va bene finché ci mette al riparo da un pericolo immediato e reale. Tuttavia, abusarne finirà con il relegarci nella nostra zona di comfort, precluderci quel genuino confronto con la realtà fatto di traguardi e sconfitte, consensi e disapprovazioni. Se temiamo le conseguenze delle nostre decisioni, se confrontarci con la realtà ci fa immaginare solo scenari catastrofici, chiediamo l’aiuto di uno psicoterapeuta. La consulenza di uno psicologo ci permetterà di accettare le emozioni negative senza che queste ci impediscano di agire nel mondo come vorremmo.