Come la terapia di gruppo può aiutare chi soffre di disturbi alimentari

I disturbi alimentari sono delle patologie complesse. Si presentano sotto varie forme e possono avere delle conseguenze gravi sulla salute. La persona che ne soffre non riesce a controllare il proprio rapporto con il cibo, quindi con il proprio peso. Vediamo insieme quali sono i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, e come affrontarli.
La comunità scientifica ha individuato 6 disturbi specifici dell’alimentazione
Secondo il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), i disturbi che riguardano l’alimentazione sono riconducibili a 6 macro categorie:
• Pica. Consiste nel mangiare alimenti non nutritivi e inadeguati allo sviluppo per più di un mese. Questo disturbo del comportamento è denominato picacismo; di solito viene diagnosticato quando la persona presenta un’ostruzione intestinale, avvelenamento da piombo o un’infestazione parassitaria tali da richiedere l’intervento di un medico.
• Disturbo da ruminazione. Dai neonati agli adulti, il disturbo si manifesta attraverso il rigurgito volontario del cibo ingerito. Chi ne soffre affronta questi episodi con regolarità, anche senza l’insorgere di nausea o vomito.
• Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo. La persona che ne soffre limita l’assunzione di alcuni alimenti, poiché teme di vivere un’esperienza negativa come la nausea o il vomito. A lungo andare si può addirittura perdere interesse per il cibo.
• Anoressia nervosa. La percezione distorta del proprio corpo porta a una riduzione radicale degli alimenti nutritivi. La persona è alla costante ricerca della magrezza. Chi ne soffre può ricorrere al vomito autoindotto per compensare eventuali attacchi di fame.
• Bulimia nervosa. Le abbuffate sono ricorrenti, chi ne soffre vive questi episodi con rimorsi e sensi di colpa che cerca di compensare ricorrendo a diuretici, lassativi, digiuni, vomito autoindotto o un’attività fisica eccessiva.
• Disturbo da binge-eating. Si tratta di un disturbo da alimentazione incontrollata. Durante gli attacchi di fame la persona ingerisce una quantità di cibo eccessiva, e per di più in pochissimo tempo. Questi episodi non sono seguiti da comportamenti compensativi, piuttosto da sensi di colpa e a volte dalla depressione.
Completiamo la panoramica con due ulteriori categorie, che presentano i sintomi dei disturbi alimentari, ma non in misura tale da poter essere incluse in uno di essi:
• Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione con altra specificazione.
• Disturbo della nutrizione o dell’alimentazione senza specificazione.
Curare i disturbi del comportamento alimentare con la terapia di gruppo
In alcuni casi la terapia cognitivo-comportamentale di gruppo può dare dei benefici maggiori rispetto a un percorso individuale. È la condivisione delle esperienze a incoraggiare la relazione. Le persone si lasciano andare in conversazioni sempre più profonde: si fidano, si rivedono nell’altro, si raccontano. Tutto questo allevia la propria sofferenza emotiva, toglie da una condizione di solitudine, attenua l’angoscia. La relazione che si genera nel gruppo ha un effetto curativo che si rifletterà nei pensieri, emozioni e relazioni di ogni persona.
Qual è il percorso di una terapia di gruppo
Il compito di una terapia di gruppo è quello di identificare, esprimere, esplorare ed elaborare i pensieri, le emozioni e i comportamenti in corso, per mettere in pratica un cambiamento. Prima di tutto i membri del gruppo lavoreranno sulle proprie convinzioni pregresse. Insieme affronteranno il concetto di dieta, cosa rappresenti per loro, quali situazioni potrebbero compromettere i loro sforzi, e con quali soluzioni pensano di affrontare gli imprevisti. In una fase successiva si affronta lo scenario che potrebbe aver contribuito a vivere una forma acuta di disturbo alimentare: problemi familiari, relazionali o di autostima. In una fase finale si procede con l’automonitoraggio: attraverso un diario alimentare le persone prendono ancor più consapevolezza delle proprie abitudini e imparano a evitare le situazioni sabotanti.
Un’elevata conflittualità familiare, un uso improprio dei farmaci o una comorbilità psichiatrica richiedono l’ospedalizzazione
L’insorgere di alcune complicanze, non solo mediche, può richiedere il ricovero in ospedale. Pensiamo, per esempio, a una repentina perdita di peso, all’aumento di crisi bulimiche o di attacchi di vomito, a uno scarso sostegno familiare. Per scongiurare il peggio, è molto probabile che la persona debba essere nutrita tramite sondino nasogastrico (cioè una sonda di plastica che passa per il naso e arriva dritta nello stomaco) o per via parenterale (cioè attraverso un catetere venoso). Il ricovero in ospedale sarebbe ancor più probabile se oltre ai disturbi alimentari la persona soffrisse di altre patologie psichiatriche (la comorbilità, detta anche comorbidità, è appunto la compresenza di più patologie nella stessa persona).
Un percorso tempestivo per aumentare le probabilità di guarigione
I disturbi alimentari portano con sé una serie di altre conseguenze: problemi comportamentali, modelli di pensiero disfunzionali, false credenze, depressione. La consulenza di uno psicologo è imprescindibile per una persona che affronti ostacoli così complessi. Il semplice impegno con sé stessi di seguire un corretto regime alimentare potrebbe non durare nel tempo, anzi potrebbe portare ad avere sfiducia nell’esistenza di una via d’uscita. La terapia di gruppo vuole sostenere le persone che lottano contro i disturbi alimentari; guidare le persone che si impegnano insieme per la guarigione.