Che cos’è la deprivazione sensoriale e quali sono i suoi effetti

Parliamo di deprivazione sensoriale davanti alla “soppressione degli stimoli sensitivi e sensoriali, dovuta a particolari condizioni ambientali” (fonte Treccani). Dunque, una condizione che rende inservibili l’olfatto, la vista, l’udito, il gusto e il tatto. Gli stimoli che riceviamo dall’ambiente attivano i nostri processi psicologici e condizionano il nostro comportamento. Se li escludiamo dalla sfera sensoriale, quali conseguenze osserveremo sulla persona? Da questo interrogativo sono partiti gli psicologi sensoriali, che hanno indagato come l’assenza di stimoli influisca sul pensiero, sul comportamento, sulla percezione e sull’apprendimento.
John Lilly e la vasca di deprivazione sensoriale
Uno dei pionieri in questo campo fu il fisico e neuroscienziato statunitense John Cunningham Lilly. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, pubblicò i risultati delle sue ricerche sui comportamenti del nostro cervello in mancanza di stimoli esterni. Nel 1956 mandò in stampa Mental Effects of Reduction of Ordinary Levels of Physical Stimuli on Intact, Healthy Persons (‘Effetti mentali della riduzione dei livelli ordinari di stimoli fisici sulle persone sane). Nel 1961, lavorò a quattro mani con Jay T. Shirley per l’uscita di Experiments in solitude, in maximum achievable physical isolation with water suspension, of intact healthy persons (‘Esperimenti di solitudine in condizioni di massimo isolamento fisico in presenza di acqua su persone sane’).
Lilly ipotizzava che una persona isolata dagli stimoli esterni non avrebbe registrato alcuna attività cerebrale. Al contrario, le misurazioni restituirono l’immagine di un cervello che raggiungeva uno stato di quiete paragonabile al dormiveglia. Il campione usato per la sperimentazione sostenne di aver provato delle sensazioni piuttosto insolite: ronzii nelle orecchie; allucinazioni; braccia che sembravano allungarsi o accorciarsi. Insomma, una percezione corporea alterata dalla testa ai piedi.
Nel corso degli anni la vasca di deprivazione sensoriale fu perfezionata, una fu persino costruita nel seminterrato di un edificio. Consisteva in un grande serbatoio d’acqua ricavato all’interno di una stanza insonorizzata dal pavimento al soffitto. Né luce, né suoni, ma nemmeno odori o vibrazioni potevano insinuarsi tra le sue pareti. Chi partecipava all’esperimento indossava una maschera per la respirazione e si immergeva. Il ricambio d’acqua era continuo e la sua temperatura non si discostava da quella corporea. All’interno della stanza c’erano dei microfoni per registrare i suoni e le risposte dei soggetti. In seguito, Lilly avrebbe accettato di aggiungere il sale nell’acqua per aumentare il peso specifico e facilitare un galleggiamento che fosse neutro il più possibile.
Cosa succede quando non riceviamo più gli stimoli dall’esterno?
Gli esperimenti condotti in questo campo hanno portato spesso alla medesima conclusione: limitare la funzione degli organi di senso porta a un disturbo dei processi psicologici. Nella maggior parte dei casi le persone hanno avuto difficoltà a concentrarsi, a contare fino a un certo numero, alcune persino a parlare. L’intensità del disturbo variava sia per la durata (da pochi minuti, a qualche ora); sia per l’intensità: le persone asserivano che le pareti sembravano ondeggiare, le superfici incurvarsi.
Non riusciamo a contare, poi a ragionare
Chi partecipava agli esperimenti si aspettava di migliorare la propria capacità di concentrazione. Un’ipotesi confermata durante le prime ore di immersione, quando il campione era ancora vigile. Tuttavia, con il passare del tempo le persone hanno riferito di non riuscire a portare avanti un ragionamento per molto tempo: i pensieri divenivano sempre più sconnessi, disordinati. Malgrado lo svolgimento di alcuni compiti intellettivi fosse compromesso, questo non ha comportato nessuna perdita cognitiva permanente.
I disturbi più frequenti riguardavano il ragionamento aritmetico, la capacità decisionale davanti ai problemi, la comparsa di allucinazioni sia uditive, sia visive. Quindi, una prima conclusione fu che una generale deprivazione sensoriale comprometteva il funzionamento fisiologico della persona, fino a indurla a un comportamento nevrotico.
L’esperienza sensoriale è alla base della consapevolezza
Il nostro sviluppo dipende dagli stimoli. L’ambiente circostante ce ne manda di ogni tipo in ogni istante. Noi li riceviamo e li trasformiamo in esperienze sensoriali: vediamo, ascoltiamo, assaporiamo, annusiamo, percepiamo se qualcosa è ruvido, liscio, freddo o caldo. Riconoscere e associare gli stimoli è il presupposto per riuscire a pensare e apprendere. Cosa succederebbe se i nostri sensi smettessero di funzionare?
Quando il nostro corpo smette di reagire agli stimoli viviamo una condizione di anestesia. Chi ne ha fatto esperienza ha registrato una bassa o impercettibile sensibilità a determinati stimoli. Viceversa, ci sono persone che vivono situazioni opposte, cioè di ipersensibilità. Le cause possono essere fisiologiche, psicologiche o una loro commistione. Infatti, tra le persone che soffrono di isteria sono compresenti dei disturbi sensoriali funzionali: per esempio la cecità o la sordità. Sono funzionali poiché la causa della loro manifestazione non è fisiologica, bensì psicologica.
Le esperienze sensoriali caratterizzano ogni istante della nostra vita. Riceviamo uno stimolo, lo elaboriamo in percezione, che trasformiamo in sensazione. Siamo in un flusso continuo, dove tutto avviene in pochissimo tempo. Tuttavia, ci sono persone che non riescono a godere appieno delle proprie funzioni sensoriali, a causa di un disturbo psicologico che invalida tutto il resto. Questi disturbi possono essere curati attraverso un trattamento psicologico. La consulenza di uno psicoterapeuta saprà indicarci qual è il percorso idoneo per affrontare i nostri disturbi e tornare in contatto con l’ambiente circostante.