Bulimia tra i giovani: come individuarla e prevenirla

Nel cestino della carta troviamo una scatola di diuretici. Non sono nostri, a casa nessuno ne ha bisogno. Crediamo. A cena il suo posto a tavola è vuoto; è ancora in palestra, dice che mangerà più tardi. Ripercorriamo a mente gli ultimi mesi, ma i ricordi sfilano senza inciampi: non dimagrisce, non ingrassa, è la persona di sempre.
Con il passare degli anni, se l’esperienza accumulata ci avrà reso sensibili al benessere psicofisico, sarà naturale interrogarsi sempre di più sulla salute dei nostri affetti, specie dei più giovani. A prescindere dal fatto che siano nostri familiari o meno, avremo ipotizzato quali siano i loro gusti musicali; cosa facciano quando escono la sera; quali siano i loro modelli; chi ascoltino quando compiono delle scelte. Facciamo ipotesi, perché arriva una fase in cui i silenzi sostituiscono i dialoghi.
A volte lasciamo andare, altre interveniamo, ma ci sono degli indizi a cui fare attenzione per capire se dietro quel non detto ci sia un problema. Infine, troviamo il coraggio per una domanda più scomoda delle altre: e se mia figlia fosse bulimica? Ma non è che mio fratello soffre di bulimia?
Le tre fasi della bulimia nervosa: abbuffata, senso di colpa, eliminazione.
Ognuno di noi può soffrire di bulimia a prescindere dal genere, dall’età o dalla corporatura. Questo disturbo del comportamento alimentare ha più probabilità di manifestarsi tra l’adolescenza e l’inizio dell’età adulta, soprattutto nella popolazione femminile. Chi ne soffre ingerisce grandi quantità di cibo in poco tempo. Per visualizzare questo disturbo, proviamo segmentarlo in tre fasi: l’abbuffata, il senso di colpa e l’eliminazione.
• L’abbuffata. La persona ingurgita quello che le capita tra le mani, senza accorgersene, quasi fosse in apnea. Non avverte né piacere o sazietà dal nutrimento. Si ferma quando sopraggiunge la nausea.
• Il senso di colpa. “No, che cosa ho fatto? Ecco, è successo di nuovo”. Passata la tempesta emotiva, la persona diventa consapevole di quanto accaduto. È probabile che provi imbarazzo, disgusto per sé stessa, così sente il bisogno di cancellare tutto. Se ingurgitare quel cibo è stato un errore, allora va tirato fuori.
• L’eliminazione. I modi attraverso cui liberarsi del cibo sono il vomito autoindotto, oppure l’uso di lassativi.
La caratteristica che differenzia la persona bulimica da chi soffre di attacchi di fame incontrollata (cioè di Binge eating disorder, abbreviato in BED) risiede nella necessità di liberarsi dal cibo ingerito. Attraverso l’uso di diuretici, lassativi oppure il vomito autoindotto, la persona bulimica evita quell’apporto calorico smisurato che la farebbe aumentare di peso. Viceversa, chi soffre di BED mangia senza adottare comportamenti compensativi, quindi ingrassa fino a essere in sovrappeso se non obesa.
Sintomi comportamentali: le tracce lasciate dalle nuove abitudini
La bulimia è una malattia difficile da diagnosticare, ma possiamo riconoscerla dalle tracce che chi ne soffre lascia dietro di sé. Per prima cosa, osserviamo l’ambiente domestico: abbiamo trovato per la casa delle confezioni di diuretici, o di lassativi? Abbiamo aperto quel comò che non usa mai nessuno, e dentro c’erano delle scorte di cibo? Questi ritrovamenti rappresentano un primo avvertimento che qualcosa non va. In secondo luogo, osserviamo la persona che abbiamo davanti: mangia con noi durante i pasti principali? Pratica sport fino allo sfinimento? Non ha una vita sociale oltre la scuola o il lavoro? I suoi comportamenti possono farci pensare che stia affrontando un momento difficile? È successo qualcosa che le stia procurando ansia o depressione?
Sintomi fisici: i segni lasciati sul corpo
Sebbene chi ricorra al vomito autoindotto lo faccia di nascosto, il suo corpo porterà i segni riconoscibili di quanto sta succedendo. Se sospettiamo che una persona stia affrontando un disturbo come la bulimia, osserviamole le mani, specie le nocche. Se notiamo dei graffi o dei tagli vuol dire che il dorso della mano si è spinto fin lì per stimolare il conato. Inoltre, ricorrere spesso al vomito porterà i succhi gastrici nella bocca, che a lungo andare eroderanno lo smalto dei denti. Infine, osserviamo la persona nella sua quotidianità: è probabile che si senta debole; potrebbe capitarle di svenire senza un motivo apparente; se fosse una donna potrebbe avere un flusso mestruale irregolare o assente (cioè l’amenorrea).
I segnali fisici elencati finora sono quelli più evidenti, ma non sono esaustivi del ventaglio di sintomi esperiti sulla propria pelle. Cerchiamo di capire se chi stiamo osservando stia avvertendo dei dolori al petto; se abbia il respiro corto; se stia soffrendo di vertigini; se abbia notato un ricorrente mal di gola e la comparsa di un reflusso acido. Seppur a scopo esemplificativo, altri segni che la bulimia lascia sul proprio corpo sono: carie dentali; ulcere allo stomaco; danni all’intestino; aritmie cardiache.
Risvolti emotivi: gli strascichi della patologia
La bulimia nervosa è correlata a un rischio maggiore di suicidio. La componente emotiva di questo disturbo ha delle affinità con la depressione e il disturbo dell’ansia. Dunque, non è un caso se il trattamento con cui vengano affrontate queste patologie sia simile, purché si agisca con tempestività. Alla stregua di altri disturbi che inficiano sulla salute mentale, la bulimia non si manifesta in modo eclatante, è piuttosto un male strisciante, che si insinua silenzioso nella vita di chi ne soffre. Sebbene non esista un test mirato per diagnosticarla, ricorrere a esami clinici come le analisi del sangue, delle urine, o un elettrocardiogramma potrebbero rivelare le conseguenze che il disturbo sta già producendo nel nostro corpo. Ad ogni modo, sarà l’osservazione e il dialogo con la persona a condurci alla diagnosi corretta.
Se il rapporto con il cibo è diventato fonte di angoscia e un ostacolo per le relazioni sociali; se ci abbuffiamo di nascosto e ricorriamo al vomito o alle purghe per liberarci, chiediamo aiuto. Un tempestivo trattamento psicoterapeutico ha buone probabilità di ricondurci a una vita sana senza ricadute. Lo psicoterapeuta ci aiuterà ad affrontare la nostra ossessione per il cibo, a ritrovare il piacere di guardarci allo specchio e di stare con gli altri, anche a tavola. Contattami se stai cercando uno psicologo a Roma.