Bulimia e fame nervosa, cosa dice la scienza?

Secondo la American Psychiatric Association (studio citato dall’Istituto Superiore di Sanità) i DCA, ovvero i disturbi del comportamento alimentare sono le patologie mentali che causano più morti nei Paesi Occidentali.
Che si tratti del rifiuto di mangiare connesso all’ossessione per dimagrire, come nell’anoressia, oppure dell’eccessiva alimentazione seguita poi da comportamenti estremi punitivi ed opposti (vomito, purghe, digiuni, etc.) o semplicemente di un continuo mangiare senza freni (fame nervosa o binge eating), i disturbi alimentari sono molto pericolosi.
Si tende a pensare che, in questa statistica, il disturbo alimentare più pericoloso sia l’anoressia.
In realtà tutti i disturbi dell’alimentazione hanno un impatto profondo sulla salute del corpo, comportando gravi rischi fisici e sono associati ad un’elevata propensione al suicidio.
Se l’anoressia ha un indice di mortalità del 4%, la bulimia è seconda solo di un punto percentuale, con una mortalità del 3.9%. Si tratta di numeri più elevati rispetto ad altri disturbi mentali e che non devono fare pensare che gli altri disturbi dell’alimentazione siano meno gravi dell’anoressia.
Bulimia e fame nervosa
Per anni, quando si parlava di disturbi dell’alimentazione ci si riferiva quasi solo all’anoressia. Forse perché associata al mondo delle modelle magrissime, quasi cadaveriche, a un ideale di bellezza innaturale e assurdo, l’anoressia ha sempre ottenuto più copertura mediatica rispetto alla bulimia e alla fame nervosa.
Del resto, in particolare nella nostra cultura, il rifiuto di mangiare è considerato un grave campanello d’allarme, mentre mangiare in abbondanza è visto come un segno di salute e di vitalità.
Purtroppo questi modi di pensare, retaggio di vecchie culture, sono alla radice della difficoltà di diagnosticare bulimia e fame nervosa nelle famiglie.
I disturbi alimentari colpiscono principalmente i giovani ed i giovanissimi, con una prevalenza negli adolescenti e richiedono quindi una grande attenzione da parte delle famiglie.
I rischi della bulimia
Bisogna dirlo in modo chiaro: anche di bulimia si muore come di anoressia.
La persona bulimica che dopo aver ecceduto con il cibo si “purga” inducendo il vomito, assumendo lassativi, sottoponendosi a diete ed allenamenti estremi, usando farmaci o integratori che dovrebbero aiutarla, rischia di sottoporre l’organismo ad un forte stress ed a carenze gravi di nutrienti ed elettroliti.
In questi casi il collasso e l’arresto cardiaco sono cause di morte tra i bulimici, uccisi dal “comportamento riparatore” che doveva rimediare all’eccesso di cibo.
I rischi della fame nervosa
La fame nervosa è un nemico più subdolo. Spesso passa inosservato perché il mangiatore compulsivo riesce a nascondere le sue abbuffate oppure l’eccesso alimentare è percepito come un comportamento normale, soprattutto quando si tratta di persone giovani ed attive e che al momento non presentano problemi di salute o peso particolari.
Nel tempo però la fame nervosa, chiamata in inglese emotional eating, presenta rischi seri per la salute: pur non causando direttamente il rischio di morire può avere un impatto serio.
Il rischio di obesità, malattie cardiovascolari e diabete è infatti molto alto nei mangiatori compulsivi.
Chi soffre di fame nervosa normalmente tende a fare grandi abbuffate che hanno un alto contenuto di zuccheri e un alto contenuto di grassi, contemporanemente. Pasti abbondanti in questi due elementi sembrano avere un effetto temporaneo sulla produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, creando un meccanismo di dipendenza. Sfortunatamente, tra l’altro, l’industria alimentare soprattutto occidentale produce in grande abbondanza cibi ricchi di grassi e carboidrati complessi che inducono facilmente una dipendenza psicofisiologica.
Ciò significa che la fame nervosa tende a peggiorare nel tempo e che un’alimentazione squilibrata, con migliaia di calorie al giorno e con macronutrienti che insieme hanno un impatto esplosivo sull’organismo, aumenta sicuramente il rischio di gravi patologie e di morte a causa di malattie che possono sopravvenire anche in età giovanile.
La terapia psicologica: uno strumento valido
Intraprendere un percorso terapeutico con uno psicologo anche in gruppo è importante e più tempestivo è l’inizio della terapia meglio è: come abbiamo già detto nei paragrafi precedenti, i disturbi alimentari possono essere sottovalutati o passare inosservati.
Non è possibile farcela da soli
Un’altra credenza sbagliata che tende a ritardare il ricorso ad un aiuto professionale è quella per cui la persona si convince di farcela “da sola” magari imponendosi diete ferree o restrizioni alimentari molto forti. È una convinzione che nella stragrande maggioranza dei casi peggiora il sintomo e aumenta i vissuti depressivi e i sensi di colpa, senza minimamente incidere sulle cause del problema.
Dato che parliamo di disturbi che colpiscono in prevalenza adolescenti è importante per le famiglie avviare un percorso di cura (che può coinvolgere anche la famiglia, che deve imparare a convivere con il problema e facilitare la terapia) prima che sia davvero troppo tardi.