Attacchi di panico… senza panico

In 10 secondi: esiste una forma di attacchi di panico in cui la persona avverte soprattutto sintomi fisici, ma non la paura di morire o di impazzire tipiche del disturbo “classico”. Ciò significa che questa forma è meno “grave”? La risposta breve è: no, anzi. Per saperne di più, continua a leggere.
Gli attacchi di panico sono un tipo particolare e molto diffuso di disturbi d’ansia. L’esordio avviene in genere nella tarda adolescenza o nell’età adulta. I sintomi hanno una natura complessa e facilmente inducono confusione sia nella persona che ne è colpita sia negli specialisti. Gli attacchi di panico, infatti, sono caratterizzati da una “costellazione” di sintomi sia fisici sia psicologici. Tra i sintomi fisici sono comuni tremori delle braccia o delle gambe con o senza formicolio, senso di oppressione al petto accompagnato da tachicardia, sudorazione, fatica nel respirare, sensazione di instabilità e di mancanza di terreno sotto i piedi, derealizzazione o depersonalizzazione e, a volte, nausea, brividi o vampate.
Chi vive un attacco di panico in genere sviluppa una paura intensa che la situazione peggiori sempre di più. Inoltre, di solito sperimenta il terrore di perdere totalmente il controllo o di impazzire o, persino, di morire. La particolare natura somatica dei sintomi spinge quasi sempre questi pazienti a rivolgersi al pronto soccorso o ad un medico. In realtà, non esistono cause organiche alla base della complessa sintomatologia degli attacchi. Tra l’altro, la durata di un attacco raramente supera i quindici minuti. Anche per questo motivo, l’unico sintomo che i medici spesso osservano quando incontrano il paziente è solo la paura di incorrere in un nuovo attacco. Ma a quel punto, dei sintomi riportati non è rimasto praticamente più nulla.
Per quanti tentativi si facciano di rintracciare cause organiche, essi falliscono invariabilmente. Questo fatto può essere ritenuto rassicurante, da un lato, ma dall’altro è motivo di ulteriore angoscia. “Come è possibile che non abbia alcun problema fisico?” sembra chiedersi, incredulo, il paziente. “Se non è un problema fisico, allora cosa è?” si ripete. La diagnosi – “attacco di panico” – non migliora granché le cose, dal momento che fotografa un sintomo, ma nulla rivela sulle cause. E non spiega certo come uscirne.
Quella che ho appena descritto è la sintomatologia più “classica” degli attacchi di panico. Tuttavia, non poche persone soffrono di una forma particolare di questo disturbo che è, per certi versi, ben più disorientante. Si tratta dei cosiddetti attacchi di panico “senza panico”. In questa variante, la persona sperimenta sintomi simili a quelli degli attacchi classici, senza però la paura di impazzire o di morire. Anche altri effetti, come il respiro corto, i tremori o l’ansia anticipatoria, appaiono molto meno intensi. In pratica, si tratta di attacchi in cui è presente la sola componente fisica, mentre quella psicologica rimane in ombra.
I pazienti che presentano questa forma del disturbo sono spesso erroneamente considerati “meno gravi”. L’assenza di sintomi psicologici, in effetti, sembra proteggere, a breve termine, da depressione o disturbi più rilevanti, come spesso accade a chi soffre di attacchi “classici”. Tuttavia, diverse ricerche hanno dimostrato che anche nel caso di attacchi di panico “senza panico” le ricadute sulla qualità della vita e sul benessere sono molto pesanti. Inoltre, l’assenza o la lievità dei sintomi psicologici è, in realtà, un grave fattore di rischio. La totale rilevanza dei sintomi fisici, infatti, allontana il paziente dalla natura psicologica del problema. Egli si convince, in altre parole, che il problema sia fisico e che come tale vada trattato. In questi casi, si perde molto tempo alla ricerca del medico “giusto”, che finalmente capisca ciò che altri non hanno capito.
In realtà, si tratta di tentativi che non avranno successo. Ma, nel frattempo, la qualità della vita peggiora ulteriormente. L’approdo nello studio dello psicoterapeuta è raro e, comunque, considerato come “ultima spiaggia”. Quando avviene, una parte importante del lavoro consiste nel ricondurre i sintomi alla difficoltà di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni. Questo tipo di “riattribuzione” riguarda anche il paziente che presenta la forma più comune del disturbo. Ma, in tal caso, è facilitata proprio dalla presenza della paura intensa. In altre parole, quella paura che è temuta quasi come il peggior nemico è, in realtà, anche un prezioso alleato che permette di riconoscere la reale natura del problema! È la paura, infatti, che spinge a rivolgersi tempestivamente allo psicologo che, per questo disturbo, è lo specialista più idoneo a fornire un aiuto e ad agevolare la ristrutturazione cognitivo-emotiva che consentirà di sciogliere il nodo e superare il problema.