5 motivi per cui ci arrabbiamo spesso

“Dovrei lasciar stare? Oggi sono più suscettibile del solito? Oppure no, ho tutto il diritto di arrabbiarmi?” Ci sono giornate in cui sembra che tutto sia stato disposto per farci saltare i nervi. In altre invece riusciamo a sorvolare, ma prima che la giornata sia finita, arriva quel qualcosa che ci fa reagire con rabbia. Perché?
La rabbia è un’“irritazione violenta prodotta dal senso della propria impotenza o da un’improvvisa delusione o contrarietà, e che esplode in azioni e in parole incontrollate e scomposte” ¬– dice il vocabolario Treccani. La definizione ci dà già tre indizi: impotenza, delusione, contrarietà. Le emozioni irrompono all’improvviso, al punto che il nostro corpo altera il suo stato: il battito cardiaco accelera, i vasi sanguigni si dilatano e diventiamo rossi, e rosse, di rabbia; persino la nostra voce cambia il proprio flusso e diventa tremante. Vediamo insieme i motivi più comuni per cui ci arrabbiamo.
Ci innervosiamo senza un motivo? No, c’è sempre un motivo
“Impotenza, delusione o contrarietà” nonché “disappunto vivo e dispettoso per essere costretto a fare ciò che non si vuole o per non aver ottenuto ciò che si voleva” – aggiunge il vocabolario Treccani. Il disappunto di cui si parla potremmo chiamarlo frustrazione; aggiungiamoci poi il risentimento. Dunque, se di motivi per essere arrabbiati e arrabbiate ce ne siano molti, eccone i 5 più ricorrenti:
• La frustrazione. Quando non riusciamo a soddisfare una pulsione, cioè un bisogno, nasce una tensione psichica causata da questa mancanza.
• La delusione. Scaturisce dalla distanza tra un evento reale e le aspettative che avevamo prima che si manifestasse. Più un’esperienza si discosta in modo negativo da come ce la immaginavamo, più saremo delusi e deluse.
• La contrarietà. Molto simile alla delusione, è quel fastidio che proviamo quando qualcosa contrasta con i nostri valori o aspettative.
• L’impotenza. A differenza dell’impotenza di cui si occupa la medicina, in psicologia il senso di impotenza è causato dal non avere il controllo sul mondo circostante, o dalla presunta incapacità di agire nel contesto in cui ci troviamo.
• Il risentimento. È l’irritazione verso qualcuno per un torto subito.
I segnali che ci fanno arrabbiare
Sebbene non ci arrabbiamo allo stesso modo per le stesse cose, ci sono degli elementi ricorrenti che ci pongono in una posizione di difesa:
• La mancanza di sensibilità.
Ci sono persone che credono di poter chiedere qualunque cosa, in qualunque contesto, in qualunque momento. Ricevere una domanda personale, addirittura in modo incalzante, davanti ad altre persone è probabile che ci faccia reagire con rabbia. Se siamo sensibili su certi argomenti, impariamo a disinnescare la curiosità dell’altro con delle risposte pronte: per esempio “Non mi sembra opportuno parlarne; non me la sento di affrontare questo argomento; non è educato da parte tua chiedermelo in questo modo.”
• La pretesa della disponibilità.
Il diritto alla disconnessione vale tanto per il lavoro, quanto per le relazioni. Ci sono persone che non sanno rallentare e presumono che anche gli altri debbano essere come loro. Non funziona così. Se abbiamo già il nostro bel da fare o se abbiamo deciso di riposare, impariamo a dire di no a chi ci chiede “solo un favore.”
• Gli impedimenti.
Se prima di dedicarci al nostro lavoro dobbiamo affrontare altre incombenze, è arrivato il momento di usare la creatività. Elaboriamo una nuova strategia, troviamo nuove soluzioni per superare gli ostacoli quotidiani affinché siano meno opprimenti.
• Il perfezionismo.
Impariamo a essere più negligenti con noi stessi e verso gli altri. Se spesso siamo insoddisfatti dei risultati che raggiungiamo, se un traguardo non ci sembra mai abbastanza, abbassiamo i nostri standard e perdoniamoci. Accettiamo i nostri errori, quelli degli altri, e andiamo avanti.
La rabbia nasconde sempre delle emozioni: ascoltiamole
Entriamo in contatto con ciò che ci procura dispiacere, frustrazione o impotenza. Concediamoci la possibilità e il tempo di ascoltare lo stato d’animo che ci fa stare male. Queste emozioni rappresentano un’occasione di crescita personale: ci danno l’opportunità di conoscerci meglio. Sarebbe un errore invalidare quello che proviamo minimizzandolo, o peggio negandolo. Sostituiamo “non fa niente” con “mi dispiace, perché…” e guardiamoci dentro per dare una motivazione sincera. L’approfondimento della conoscenza di sé stessi è uno dei punti cardine di un percorso di psicoterapia. Durante le sessioni il paziente ha la possibilità di avere un punto di vista qualificato sul perché delle tensioni che sta vivendo.
La rabbia può diventare patologica?
Sì, sperimentare con costanza delusione e risentimento trasformerà la nostra rabbia da adattiva, cioè funzionale al contesto, a disadattiva. Significa che lo stato collerico sarà permanente, ingiustificato, al punto da compromettere le relazioni sociali e far compiere azioni dannose verso di sé o gli altri.
Quindi, per prima cosa impariamo a riconoscere i segnali che ci fanno arrabbiare e cerchiamo di disinnescarli. Se siamo irritati o irritate con qualcuno per un torto subito, diciamoglielo. Piuttosto che rimuginare e provare rancore, affrontiamo la questione: facciamo presente come ci sentiamo, avanziamo delle richieste, facciamo delle proposte affinché certe situazioni non si presentino.
Come seconda cosa, cerchiamo aiuto. La consulenza di uno psicoterapeuta ci aiuterà a indagare le nostre emozioni, a capire quali sono i motivi per cui ci arrabbiamo e quali emozioni non riusciamo a far uscire nel modo giusto. Prenderci cura della nostra salute mentale farà vivere meglio noi stessi e le persone che abbiamo intorno.