5 effetti collaterali del lavorare troppo

Le ricerche scientifiche consigliano di tenersi al di sotto delle 55 ore lavorative alla settimana. Oltre questa soglia il nostro corpo comincia a inviarci dei segnali di malessere, che possono degenerare in malattie coronariche, disagio psicologico, costrizione toracica e ictus. Quindi, per stare al sicuro fino a quante ore possiamo lavorare?
La settimana lavorativa italiana funziona così
In Italia i contratti collettivi nazionali oscillano tra le 38 e le 40 ore. Un’indicazione di massima che non vale per tutte le categorie di lavoratori e lavoratrici, come per esempio il personale dei servizi aeroportuali o dei servizi autostradali. Inoltre, al computo delle ore bisogna aggiungere quelle per eventuali straordinari: ne sono concesse fino a 8 alla settimana. Senza accorgercene raggiungiamo le 48 ore, che in una settimana lavorativa di 5 giorni significa passarne quasi 10 sul posto di lavoro. Sono tante, sono poche?
Di norma la giornata lavorativa non può superare le 13 ore: a stabilirlo è il decreto legislativo 66 del 2003. Torniamo al nostro esempio. Alle 10 ore quotidiane aggiungiamone 2 per andare e tornare dall’ufficio – non le consideriamo lavoro, ma rappresentano una fonte di fatica e di stress considerevole. Siamo a quota 12, che per 5 giorni fa 50. Il dato allarmante è che la soglia oltre la quale riscontriamo degli effetti negativi sulla nostra salute è di 55 ore. Teniamo presente questo numero e domandiamoci: quando chiudiamo la porta dell’ufficio, smettiamo davvero di pensare alle scadenze, alle riunioni, ai fornitori? Ci è mai capitato di portare qualche faldone a casa? Se la risposta è sì, di sicuro avremo superato il limite di sicurezza delle 55 ore.
Inciampiamo sul work life balance…
L’espressione inglese work life balance indica l’equilibrio tra la vita professionale e quella privata. Trovare questo bilanciamento significa saper dedicare in modo adeguato tempo e risorse sia alla sfera lavorativa, sia a quella personale. Una condizione non facile da raggiungere, perché ci sarà sempre quell’imprevisto, quell’email o quella riunione a insinuarsi nella nostra mente. Se ci lasciamo inghiottire dal vortice delle cose da fare, lavoriamo troppo, somatizziamo lo stress e ci ammaliamo.
Per scongiurare di pregiudicare la nostra salute psicofisica, visualizziamo il nostro stile di vita e vediamo se nella nostra routine sono presenti queste cattive abitudini:
• né sport, né relax. Non sappiamo quand’è stata l’ultima volta in cui abbiamo fatto attività fisica; se qualcuno ci consigliasse una seduta di yoga o la lettura di un libro, risponderemmo con una risata isterica, perché non abbiamo tempo;
• lavoro, lavoro, lavoro… per cosa? La produttività in ufficio è ormai un’ossessione, benché siamo restii ad ammetterlo. Ci affanniamo durante la settimana per onorare le scadenze, ci riusciamo, eppure niente sembra restituirci la motivazione e l’energia per continuare;
• casa-ufficio. Trascuriamo la casa per pensare al lavoro, ci portiamo l’ufficio in casa e a fine giornata non abbiamo nessuno con cui confidarci, sfogarci o festeggiare.
E ci facciamo male
Se stiamo ancora annuendo davanti all’elenco appena letto, allora stiamo lavorando oltremisura. Purtroppo non ce la caviamo con una scrollata di spalle, perché alcune devianze comportamentali se ne portano dietro altre.
• L’insonnia. Come giudichiamo la qualità del nostro riposo? Riusciamo a dormire 8 ore consecutive? Il modo in cui recuperiamo le energie condiziona la lucidità e la prontezza con cui sapremo affrontare i problemi.
• Il digiuno. Abbiamo avuto così tanto da fare che abbiamo saltato un pasto. Pessima scelta: un sangue povero di zuccheri implica un organismo più debole, inoltre ci esporrà al rischio di un attacco di fame quando ci siederemo a tavola.
• Le ferie. Ci neghiamo la possibilità di evadere dal lavoro. Il pensiero di quello che potremmo trovare al rientro da una vacanza ci scoraggia dal fare le valigie.
• L’asocialità. Relazionarci con gli altri ci aiuterebbe a non avvertire la solitudine, a svagarci, a scoprire spettacoli o eventi che avremmo perso. Uno scenario che conosciamo bene, perché abbiamo perso il contatto con gli altri, non abbiamo tempo.
• L’alcol e non solo. Il senso di sopraffazione induce le persone ad abusare di alcol o di sostanze stupefacenti per trovare una via d’uscita e pensare ad altro.
Superato il limite compaiono malattie e lesioni
Nel 2021 la rivista ScienceDirect ha pubblicato uno studio condotto grazie all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e all’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil). In base ai dati raccolti tra il 2000 e il 2016, 488 milioni di persone, quasi il 9% della popolazione mondiale, hanno lavorato più di 55 ore alla settimana. A questa esposizione sono attribuibili 745.194 decessi e 23,3 milioni di anni di vita persi per mortalità prematura.
Se lavorare 35/40 ore alla settimana non pregiudica la salute, lavorarne di più implica un aumento della mortalità e maggiori rischi di cardiopatia ischemica e ictus. Infatti, lo stress psicosociale corrode la nostra salute in due modi: da una parte, induce il nostro corpo a una sovrapproduzione di ormoni dello stress, che innescano dei malfunzionamenti nel sistema cardiovascolare e lesioni strutturali; dall’altra, ci spinge a dei comportamenti che sono dei fattori di rischio cardiovascolare: per esempio l’uso di droghe, l’abuso di alcol, una dieta malsana, una scarsa attività fisica e una cattiva qualità del sonno.
Troviamo il giusto equilibrio tra il lavoro e la vita privata
Lavoriamo per vivere, non il contrario. Per quanto sia difficile porre dei limiti alle richieste del nostro impiego, facciamo in modo che la casa non diventi un secondo ufficio. Pianifichiamo in anticipo le attività da svolgere, stabiliamo una gerarchia in base alle priorità, organizziamo la nostra vita anche fuori dal lavoro: un aperitivo, una mostra, una seduta di allenamento. Tuttavia, se ci sembra impossibile scardinare una routine ormai soffocante, affidiamoci a uno psicoterapeuta. La consulenza di uno psicologo a Roma ci aiuterà a ridefinire i nostri confini, i nostri bisogni, soprattutto a rispettare i nostri limiti, prima che la nostra salute psicofisica possa esserne compromessa.